Danilo De Marco

MOSTRA | LE PARTERAS. LE EROINE DELLE ANDE

Danilo De MarcoDanilo De Marco

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Ci sono fotografie-oggetto, e sei tu a guardarle; ci sono fotografie che invece prendono l’iniziativa, e a guardarti sono loro. Le fotografie di Danilo De Marco, reporter ma anche giornalista, sono di questa seconda specie. Il suo obiettivo non ingoia quel che inquadra, non lo tiene per sé; è solo mediatore fra gli occhi di qui e gli occhi di là. Per questo sono fotografie che piacciono agli antropologi, che hanno smesso la pretesa dell’osservazione oggettiva e accettano di essere presi in mezzo nel gioco degli sguardi reciproci. Così anche Danilo De Marco. E’ un fotografo di parte, e non bara. Ha camminato mezzo mondo: dalla Cina al Messico, dalle montagne dei Kurdi in Turchia e Iraq alle selve degli U’wa in Colombia, fino alle Ande dell’Ecuador. Dalla valle della Narmada in India ha raggiunto i Tamil dello Sri Lanka. Dai campesinos della Bolivia al Brasile dei Sem Terra, fino a raggiungere dall’altra parte degli oceani l’Uganda e i bambini in fuga chiamati “pendolari della notte”, per poi perdersi nelle foreste del Congo. Ha maturato una esemplare esperienza comparativa, ha condiviso cibo e giaciglio con tante culture. Non le ha attraversate e non le ha consumate; una alla volta, le ha fatte sue e se le porta dentro tutte. Bocconi amari.
Andare di là, condividere, tornare poi (diversi da come si era partiti) a raccontare quel che si è visto e quel che si è riusciti a capire: lo sentiamo dei nostri, nella corrente della miglior antropologia. Conta poco come si racconta, al ritorno, se con parole o per immagini; conta raccontare con efficacia e verità.

Inaugurazione

RINVIATA

Periodo

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Orari apertura mostra

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Convegno - relatori

RINVIATA

Ferdinando Mirizzi – Antropologo e Direttore del Dipartimento di Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali

Danilo De Marco  Fotogiornalista, autore delle fotografie in mostra

Maurizio Rebuzzini Direttore artistico di Coscienza dell’Uomo

 

Luogo

Le Monacelle - via Riscatto 7

Le Parteras, le eroine delle Ande

Tra le aree dell’Ecuador andino, il Cantone di Guamote, nella regione del Chimborazo, dal vulcano che porta lo stesso nome e la cui cima supera i seimila metri, è una delle più povere e abbandonate. Qui vivono gli indiani kichua, contadini, che coltivano rape, patate e altri legumi della sopravvivenza sui ripidissimi terreni che raggiungono i quattromilacinquecento metri. L’indice di povertà tocca il novanta percento della popolazione.

Il tasso di mortalità infantile è uno dei più alti deI paese; tra i minori di cinque anni, la mortalità è dell’85,7 percento. La maggior parte delle donne partorisce in casa propria -solo un dieci percento ricorre aIl’ospedale-, e un’ alta percentuale di loro non riceve alcun aiuto nel momento deI parto.

Per ragioni principalmente culturali, gli indiani rifiutano di utilizzare le unità di salute pubblica.

Probabilmente, il ripudio è generato anche dal fatto che le strutture pubbliche non hanno saputo essere in armonia con le necessità della cultura indiana, e troppe volte hanno tentato di svilire le pratiche tradizionali kichua.

Tra questi smisurati paesaggi andini, in un duro scenario pastorale, non è raro vedere affrettarsi, camminando o in sella a un lama, una figura un tempo per noi leggendaria, in viaggi che durano

anche una giornata, la partera, la nostra perduta levatrice. Sono loro, le parteras, che si occupano

da sempre, delle donne che devono partorire e della pratica medica tradizionale più in generale.

Per la gente fichu, la nascita è più importante della vita stessa, e la partera ha il compito di far sì che la pratica deI togliere e accogliere il neonato sia in armonia con la loro cosmologia.

Per questo tutte le attenzioni che ricevono, i neonati hanno una forte valenza simbolica.

La medicina e il sapere indiano hanno come presupposto fondamentale l’osservazione, l’equilibrio e il rispetto della natura. Loro stessi si considerano natura e non suoi padroni e mercanti, e la Terra rappresenta spazio e tempo.